Lo zio

Prefazione

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra

(Gianni Rodari

Binari

Il tempo annebbia i ricordi che, come una foto antica, vengono corrosi dal tempo.
Però, quello che non potrò mai dimenticare era l’effetto che i ricordi avevano su di lui.
Un gigante gentile, dai modi posati, che d’un tratto scoppiava a piangere, tanto da straziare il cuore!
Quando sono nata io, era già molto avanti con gli anni e faceva effetto vederlo in quello stato. Le lacrime gli rigavano il volto e i ricordi, di quel tempo così orribile, tornavano a sopraffarlo, nonostante tutti gli anni trascorsi!
Lui non amava parlarne, è davvero poco ciò che posso dire, ma questa immagine qui, il volto rigato di lacrime dopo oltre cinquant’anni passati, vorrei nessuno la dimenticasse. Un simile dolore non lo cancella nessuno e rende la vita un inferno.
Ogni istante, gesto, parola, tutto gli riportava alla mente il passato, e gli leggevi in volto, in ogni singola lacrima, quel ragazzo che era stato. Troppo giovane per conoscere la vita che, tuttavia, non lo aveva risparmiato, riservandogli, così come a molti altri, crudeltà e sevizie.
Appena diciottenne, si era ritrovato a combattere e poi, d’un tratto, gli amici erano diventati nemici e lui si era ritrovato prigioniero, caricato a forza su un treno.
Era stato in un campo di concentramento per una settimana, in attesa di essere trasferito.
Non so cos’avesse visto.
Ero troppo piccola ma ora, a distanza di anni, ho l’assoluta certezza che gli avessero avvelenato la vita e che, in seguito, ciò che ha visto in quel campo sia stato ciò che l’ha spinto fuggire durante il trasferimento in un altro campo.
Non riesco neanche a pensarci. Ritrovarsi su, al nord-est, in quelle terre gelide e inospitali, riuscire, in qualche modo, a fuggire dal treno in corsa e a nascondersi, per poi proseguire, nascondersi ancora, come un topo in trappola, cercando la salvezza.
Non riesco neppure a immaginare come ha fatto e ho il rimpianto di non avergli chiesto di più, una volta divenuta adolescente.
Quello di cui sono assolutamente sicura, dopo aver letto così tante biografie di quell’epoca, era che qualcuno lassù lo ha protetto.
Si presuppone che dopo una tempesta venga il sole. Si presuppone che, anche dopo eventi simili, si possa vivere, gioire e ritrovare il sapore della vita.
I ricordi, per lo zio, erano come demoni che non gli avevano mai dato tregua e lo avevano tormentato fino all’ultimo respiro.
Ne parlava quando questi esseri diabolici riuscivano a sopraffarlo e non era più in grado di gestirli e allora si accendeva questa sigaretta, che tremava fra quelle dite nodose e in preda all’esasperazione, con le targhette militari sempre al fianco, le parole uscivano di getto, colme di quella sensazione orribile che nessuno poteva comprendere fino in fondo.
Lui non ha mai cercato riscatto, però ha sempre insegnato a me, a mio fratello e ai miei compagni di classe, l’importanza del ricordo, per evitare che si ripeta.
La morte fa vittime e, oltrepassata la soglia, nessuno torna più. La vita è un dono che non dovrebbe essere consumato nel sangue.

 

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